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Le salse

Nella cucina francese, le salse madri, sono un gruppo di salse su cui si basano molte altre salse.
Possiamo dunque considerare anche la salsa maionese, una salsa madre perché da essa, aggiungendo vari ingredienti possiamo ottenere tante altre.
Ecco qualche esempio che vi farà sicuramente comodo per accompagnare le vostre ricette di carne, pesce e verdure.

SALSA AIOLI
Si unisce alla salsa maionese (di un tuorlo) il succo di uno spicchio d’aglio.
Adatta per pesci e carni.

SALSA ALLO YOGURT
Si insaporisce la salsa maionese (di un tuorlo) con due cucchiai di yogurt.
Adatta per verdure cotte o crude.

SALSA TONNATA
Si aggiunge alla salsa maionese ugual peso di tonno sott’olio, succo di limone e capperi tritati.
Adatta per carni e verdure.

SALSA MALTESE
Si aggiunge alla salsa maionese (di un tuorlo) il succo e la scorzetta grattugiata di mezza arancia. L’arancia è meglio se è del tipo “sanguinella”.
Si serve con le verdure cotte, è ottima sugli asparagi.

SALSA REMOULADE
Si aggiungono alla salsa maionese cetriolini, capperi, prezzemolo, tutto tritato e pasta d’acciughe. Questa salsa è anche chiamata erroneamente “Tartara”.
Serve per pesce, uova, carni, bourghignonne.

SALSA AMERICANA
Si aggiunge alla maionese profumata con poco succo di limone, della salsa Ketchup necessaria a rendere rosata la salsa e, per ultimo, uno spruzzo di Cognac.
Ottima per il pollo fritto o per i gamberi.

Cotechino e zampone

Cotechino e zampone: i protagonisti delle cene di fine anno!
Ma che differenza c’è?
In realtà poca: sia il cotechino che lo zampone infatti sono preparati con un mix di carne di maiale, magra e grassa, macinata grossolanamente, unita poi a cotenna di maiale, tritata molto finemente, il tutto aromatizzato con pepe, noce moscata e chiodi di garofano, cardamomo a seconda dei gusti.
Ciò che li distingue è l’involucro: la zampa di maiale, rigorosamente quella anteriore, per lo zampone e il budello, naturale o artificiale, per il cotechino.
Il primo è un po' più consistente in termini calorici, perché in fase di cottura la cotenna della zampa rilascia il grasso, anche se in entrambi i casi comunque non si sta parlando di piatti light.
A seconda del produttore, poi, ci potrebbe essere anche una differenza nella grana della preparazione: solitamente lo zampone è a grana più grossa, il cotechino a grana più fine.

Tolti i dubbi sulla differenza tra cotechino e zampone non rimane che un ultimo quesito: è meglio acquistarli freschi o precotti?
La scelta, come spesso accade, dipende da quanto tempo si ha a disposizione per preparare il pranzo o la cena delle feste.
Nel primo caso, sia il cotechino che lo zampone vanno bucherellati con uno spillo, avvolti nella carta forno, messi in pentola con acqua fredda e lasciati bollire per almeno 2 o 3 ore.
Nel secondo caso, invece, basteranno 20/30 minuti in acqua bollente.
Ma se il tempo è tiranno, il palato lo è ancor di più dunque, fidatevi di me, “ per quella volta all’anno” andate in macelleria e comprateli freschi. Il sapore vi ripagherà delle ore impiegate a cucinarli.

Se però non son riuscita a convincervi, ecco qualche consiglio per scegliere il cotechino e lo zampone precotti, in scatola:
1) la scritta solo carne italiana dovrebbe essere garanzia che si tratta di materie prime di qualità, non congelate
2) nell'elenco degli ingredienti la prima voce dovrebbe essere carne di suino, seguito da cotenna e poi da grasso, ciò significa che la percentuale maggiore è di carne a cui seguono le altre, a diminuire
3) tra gli ingredienti non dovrebbero esserci zuccheri (saccarosio e destrosio), glutammati e insaporitori. Se si, lasciate perdere….

Il menù di Natale

Quest’anno è toccato a voi il fatidico compito di dover preparare il pranzo o la cena di Natale e non sapete da dove cominciare???
Ecco qualche consiglio pratico per organizzare il menù.

- Il menu va calibrato in base alle proprie forze.

Se non siete particolarmente abili in cucina non vi imbarcate in ricette troppo complicate. “Less is more”: è meglio rimanere su preparazioni semplici ma dalla riuscita garantita.
- I sapori dei piatti devono essere in crescendo. Non iniziate dunque la cena con un flan di topinambur e salsa di acciughe per terminare con un branzino al forno, ad esempio.
- Sono da evitare le ripetizioni degli ingredienti principali. Se utilizzate i gamberi nell’antipasto, cercate di non riutilizzarli nel primo, ad esempio.
- Si dovrebbero alternare i colori delle portate, perché si sa, anche l’occhio vuole la sua parte!
- E si dovrebbero evitare ripetizioni di cotture uguali ad esempio… non fate tutto al forno!
- Alternate le consistenze: non fate tutto tritato o emulsionato.
- È preferibile non servire salse uguali sia negli ingredienti che nei colori.
- Le uova, che sono il jolly in cucina, possono apparire in più preparazioni, ma senza esagerare. Se fate un flan come antipasto, non fate ad esempio il crème caramel come dessert.
- Generalmente la sequenza dei piatti è: prima i freddi poi i caldi.
- Se servite due antipasti il primo può essere freddo e il secondo caldo.
- Nella sequenza dei secondi si serve prima il pesce, poi le carni bianche, le rosse e infine la cacciagione.
- I secondi è bene che siano accompagnati da almeno un contorno.
- L’insalata non è considerata un contorno :)!
- Per la cena di solito è meglio evitare i formaggi che invece vanno bene per il pranzo.
- Il dolce, che sia al termine di un pranzo o di una cena, è meglio sia al cucchiaio.
- Servendo dei dolci a base di frutta potete non servire la frutta che segue sempre il dolce.
- Per i vini che accompagnano la regola è: i bianchi prima dei rossi, i leggeri prima dei forti, i secchi prima dei profumati, i giovani prima degli invecchiati.

Adesso voi mi direte, benissimo, ma ora che sappiamo come comporre il menù…cosa cuciniamo???
Trovate le mie ricette migliori cliccando qui

Buone feste!

Uva: il nettare degli Dei

Le origini della pianta sono remotissime, il più antico reperto fossile riconducibile al genere Vitis è datato 60 milioni di anni fa. Difficile stabilirne le origini esatte ma indicativamente l’area sembra essere compresa tra l’Asia occidentale, l’Europa e l’Africa settentrionale.
Detto ciò, l’Italia, oggi, è il primo produttore europeo di uva da tavola, nel mondo secondo soltanto al Cile.
Definita dagli antichi greci “il nettare degli Dei”, l’uva ha un valore nutrizionale riconosciuto da tutti i professionisti della nutrizione.
Per dare un'immediata idea circa l'importanza fitoterapica dell'uva, basta paragonare ogni suo acino ed ogni sua foglia ad una mini-farmacia!
A questo proposito esiste infatti un vero e proprio regime alimentare, conosciuto già al tempo dei romani, composto da acini o succo d’uva che si chiama “ampeloterapia” da ampelos, che in greco significa vite. Questo tipo di alimentazione, conosciuta anche come dieta dell'uva, è una pratica molto apprezzata da chi vuole fare una dieta disintossicante e depurativa.

Ma che differenza c’è tra “uva da tavola” e “uva da vino”?
Ovvero, quali sono esattamente le differenze con le più “pregiate” e conosciute varietà da vino? Innanzitutto è questione di specie: mentre l’uva da vino (perlomeno in Europa) può appartenere esclusivamente alla specie Vitis vinifera, l’uva da tavola ammette anche le varietà da Vitis labrusca originarie del Nord America.
Un’altra differenza fondamentale sta nel rapporto tra zuccheri e acidi al momento della raccolta, quello che in enologia viene definito “maturazione tecnologica” dell’uva. Nelle varietà da vino in genere si ricerca un certo equilibrio, non solo tra le due componenti in vista dell’invecchiamento, ma anche in relazione allo sviluppo delle sostanze fenoliche (tannini e antociani) e aromatiche presenti nella buccia. L’uva da tavola invece se ne infischia: il frutto viene considerato maturo quando gran parte degli acidi nella polpa sono stati sostituiti dagli zuccheri, per un rapporto tutto spostato sulla dolcezza.

Vediamo allora le principali varietà di uva da tavola:
- Uva Italia: acini giallo-verde, caratterizzati da buccia spessa e croccante (si tratta di una varietà fra le più resistenti) e polpa succosa e molto dolce.
- Uva Regina: tra le più antiche cultivar del bacino mediterraneo. Acini dorati, buccia spessa e resistente, polpa dolce e aromatica.
- Uva Cardinal: acini sferici di colore rosso scarico con polpa croccante e carnosa. Dolce e “masticosa”, la vediamo bene nella sangria classica.
- Uva Victoria: un vitigno precoce a bacca bianca e molto grossa e soda, con buccia spessa e colore giallo carico.
- Uva Red Globe: arriva dalla California ma qui da noi si è adattata benissimo, tanto da diventare una delle varietà più coltivate in Italia. Come suggerisce il nome, è caratterizzata dal tipico colore rosso-violaceo e dalla spiccata dolcezza: basta aggiungere qualche chicco alla macedonia invernale e non avrete neanche bisogno di mettere lo zucchero.
- Uva Autumn Royal: fa parte delle varietà apirene, ovvero senza semi. Si tratta di un’uva a bacca nera dal colore intenso, di forma ellittica.
- Uva Baresana: varietà antica dell’entroterra barese fa parte dell’Arca del Gusto Slow Food. è caratterizzata dal colore bianco-perlaceo quasi trasparente, polpa croccante e buccia sottilissima, fattore quest’ultimo che la penalizza in termini di conservabilità e capacità di trasporto.
- Uva Montonico: è un Presidio Slow Food del Teramano. Si tratta di un vitigno molto vigoroso capace di crescere oltre i 500 metri di altitudine e adattabile a molti tipi di terreni, anche quelli alle pendici del Gran Sasso. Gli acini, grossi e rotondi, hanno colore giallo-verde e polpa carnosa e succosa. la Montonico è ideale per l’appassimento.
- Uva Pizzutello di Tivoli: è una cultivar tipica del Lazio a bacca bianca o nera. Il nome, al pari dei pomodori campani, si riferisce alla forma peculiare degli acini: arcuata, allungata ed ellissoidale, detta anche “dattiliforme”. Si caratterizza per la buccia sottile, la polpa croccante e il sapore dolce e delicato con retrogusto di vaniglia.
- Uva Apuliae Rose: varietà apirena tipica pugliese, caratterizzata dal colore rosa delle sue bacche.
- Uva Michele Palieri: tra le varietà a bacca nera più diffuse in Italia, prende il nome direttamente dal suo inventore che la ottenne da un incrocio tra Alphonse Lavallée e Red Malga. Matura tra agosto e settembre ed è caratterizzata in primis dalla resistenza al trasporto.
Uva Moscato di Amburgo: si caratterizza per l’elevata resistenza alle malattie, in particolar modo la peronospora, e per il vigore della pianta. Gli acini hanno colore marrone-rossiccio e la polpa, succosa e dolce, è molto profumata.
- Uva Fragola: è la più nota tra le specie di Vitis labrusca, le varietà autoctone americane. Si distingue immediatamente per il sapore intenso di fragoline di bosco. Diverso discorso per il colore: abituati a immaginarla nera, bisogna sapere che la Fragola può anche essere Bianca (e più acidula), o Bianca Precoce (dalla dolcezza più spiccata). Ottima per la preparazione di confetture, gelatine e torte.
- Uva Sultanina: costituisce la varietà da essiccazione per eccellenza. Ha molte provenienze (Turchia, Grecia e Iran) e molti nomi (uvetta, uva passa o ancora Thompson Seedless). La sultanina fresca ha acini bianchi tendenti all’ambra, naturalmente senza semi e caratterizzati da un’elevatissimo contenuto di zuccheri. Molto energetica, l’uva disidratata ha un indice glicemico elevato. Si rivela ottima a colazione insieme a cereali integrali, avena e yogurt ma anche come ingrediente di dolci e insalate. Perfetta per gli sportivi prima e dopo performance faticose.
- Uva Zibibbo: tipica cultivar da vino, famosa soprattutto nell’isola siciliana di Pantelleria, la Zibibbo è anche un’ottima uva da tavola. Altrimenti conosciuta come Moscato di Alessandria, si distingue per il profumo intenso e il sapore straordinariamente aromatico.

Al di là di queste varietà possiamo dire che l’uva nera e l’uva bianca si equivalgono dal punto di vista nutrizionale, anche se l’uva bianca contiene una quantità lievemente maggiore di zuccheri mentre, dal punto di vista delle proprietà antiossidanti, l’uva nera ha la meglio. Essendo più pigmentata, infatti, vanta un quantitativo di antiossidanti, in particolare di resveratolo, superiore alla varietà bianca.

Infine, dal punto di vista dell’utilizzo, entrambe le tipologie di uva sono ideali per essere consumate “in purezza” o rientrare nella preparazione di ricette più elaborate come confetture, crostate di frutta, risotti, insalate autunnali o ancora in accompagnamento ai formaggi come ad esempio il gorgonzola o il parmigiano.

E tornando alle insalate autunnali, ecco la nostra suggestione:
Per 4 persone:
• 1 grappolino di uva nera
• 1 grappolino di uva bianca
• 1 fetta spessa di prosciutto cotto
• 1 sacchetto di crostini alle erbe
• 2 porcini
• 1 pugno di valeriana
• 2 cucchiai di semi di sesamo bianco
• 1 cucchiaino di spezie (curry, cannella, noce moscata, paprika dolce).
• 
Per il condimento: 
aceto balsamico
succo di limone
olio extra vergine d’oliva
sale
tabasco

Fai rosolare la fetta di prosciutto in padella in olio extra vergine d’oliva poi impanala nelle spezie mescolate. Lasciala raffreddare e tagliala a cubettini.
Monda l’insalata, lavala e asciugala molto bene.
Lava l’uva, asciugala e, se vuoi, elimina i semi con un piccolo scavino.
Monda i funghi e prepara il condimento emulsionando gli ingredienti previsti.
Poco prima del servizio mescola il prosciutto con l’uva, l’insalata e i crostini di pane. 
Condisci con il condimento preparato, sistema l’insalata sul piatto da portata e spolverizzala con il sesamo. Ricoprila con i funghi porcini tagliati con il taglia tartufi e servi.

Buon appetito!