Originaria dell’India dove veniva coltivata già oltre quattromila anni fa, gradualmente la melanzana si diffuse in tutto il continente asiatico e, a partire dal XIV secolo, grazie ai mercanti arabi, venne introdotta nell’area del Mediterraneo, prima in Spagna (Andalusia) e quasi contemporaneamente in Italia, iniziando proprio dalla Sicilia, (che rimane tutt’oggi una delle regioni italiane con la maggiore produzione di melanzane), fino a diventare un ingrediente molto diffuso nella cucina mediterranea.
All'inizio della sua storia in Occidente però la melanzana non gode di ottima fama: gli arabi la chiamano al badinjian, qualcosa che somiglia a “uovo del diavolo”. In Spagna alcuni pensano che causi malattie come isteria, epilessia, tisi e cancro. L'agronomo Gabriel Alonso de Herrera nel 1513 arriva a dire che “gli Arabi la portarono in Europa per uccidere con essa i Cristiani”, mentre in Italia accanto al nome petronciano si conia il termine melanzana, dal latino mela insana, frutto non sano.
La pessima reputazione derivava dalla credenza che il frutto fosse velenoso, causando turbe psichiche e disturbi intestinali. Secondo i medici la consumazione eccessiva di melanzana abbassava l’umore, spingeva alla lussuria, diffondeva la peste, il cancro, l’isteria, l’epilessia e la cefalea.
Credenze popolari esagerate, certo, ma con un fondo di verità. La melanzana infatti contiene la solanina, sostanza alcaloide che, se ingerita, risulta essere tossica con sintomi vari, che vanno dalle coliche addominali al vomito, alla diarrea, alla tachicardia e agli stati d’incoscienza. La solanina tende a disperdersi con la maturazione e con il calore, per tale motivo il frutto della pianta può essere consumato solo previa cottura.
Oggi fortunatamente la brutta nomea di questo frutto straordinario è caduta nel dimenticatoio.
Sono invece piuttosto riconosciute le sue proprietà depurative, l'alto contenuto di acqua e fibre e il basso indice glicemico. L'acido clorogenico e la nasunina, inoltre, agiscono contro i radicali liberi, combattendo l'invecchiamento e le malattie cardiovascolari. Nessun problema a metterle in tavola, quindi, purché cotte!
E allora, ecco qui una mia ricetta