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I barbabuc

I regali della Primavera sono tanti, specialmente se si parla di verdure.
Tra i meno noti c’è la Barba di becco o Barbabuc, una pianta spontanea commestibile, piuttosto diffusa sul nostro territorio, facente parte dell’ampia famiglia botanica delle Asteraceae a cui appartengono piante più conosciute come il tarassaco, il cardo mariano o il topinambur.
Si tratta di un’erba nota e usata sin dall’antichità, pensate che una sua raffigurazione si trova persino in un affresco della città di Pompei, disponibile da adesso fino a maggio nei campi di tutta la penisola. Vanta perciò una lunga storia nella tradizione gastronomica delle nostre regioni, tanto che ha molti nomi comuni: a seconda del territorio viene infatti chiamata Salsefica, Baciapreti, Scorzobianca, Barbabuc (in piemonte) anche se il suo nome scientifico è Tragopogon pratensis.
Le radici di barbabuc, simili a carotine, sono la parte più pregiata e ricercata, ma anche le foglie sono utilizzate in cucina.
Il modo migliore di gustare i barbabuc è quello di lessare radici e foglie e condirle con semplice olio extra vergine d’oliva, sale, pepe e aceto balsamico.
Dopo essere stati bolliti o cotti a vapore sono ottimi anche dopo una ripassata in padella, con un po’ di burro o d’olio extravergine d’oliva, oppure come ingrediente per un frittata un pò fuori dal comune.
Le radici si usano anche accompagnandole a creme di formaggio oppure ottime per preparare un delizioso flan.

La radice della barba di becco è inoltre ricca di proprietà benefiche.
Contiene infatti inulina, un prebiotico in grado di sostenere la vitalità e la funzionalità del microbiota.

Ma …dove si trova?
I Barba di Becco si trovano nei mercati rionali ma badate bene, a seconda di dove vi trovate avranno nomi diversi per cui in piemontese si chiamano barbabuch, ma da Nord a Sud si va da basapret, bossiei, erba da lat, sparagi de pra’ al Nord, passando per sessefrica, belle bimbe, papacciole e papaline al Centro, fino a latti d’oceddu, minna di vacca e varva di beccu al Sud e isole.